La cera è un prodotto naturale al 100%, secreto dalle api che lo utilizzano per costruire e opercolare i favi. La cera d’api è costituita da una miscela complessa di sostanze organiche sintetizzate nel corpo dell’ape a partire da molecole semplici come il glucosio.
Anticamente si riteneva che la cera d’api fosse di origini vegetale e che le api la raccogliessero direttamente dalle piante. John segnala per primo la presenza di scaglie di cera nei segmenti addominali delle api, Hunter descrive sommariamente le ghiandole della cera annesse all’addome delle operaie, mentre Huber, dopo numerose e minuziose osservazioni, conferma che la cera è prodotta all’interno dei segmenti addominali delle api operaie
Il complesso delle ghiandole ciripare è costituito da 4 coppie di ghiandole site ventralmente in corrispondenza del quarto, quinto, sesto, settimo urosternite (fig. 1). Questi hanno una conformazione particolare, presentano nella parte anteriore due superfici ovalari, lisce, lucide, indicate come specchi della cera, rivestite interamente di epitelio ghiandolare, divise da una banda scura sclerificata. La banda posteriore dell’urosternite è ricoperta di peli. La cera viene secreta attraverso gli specchi sotta forma di goccioline incolori che a contatto dell’aria si rapprendono come scagliette.
Queste vengono raccolte can la spazzola delle zampe posteriori che sfregano sull’addome dall’alto versa il basso; sono in seguito portate verso il capo dove vengono lavorate can l’ausilio delle mandibole e impastate can secreti salivari. Le lamelle vengano deposte dalle api sui bardi delle cellette. Durante la costruzione del favo le operaie lavorano in gruppo rimanendo appese le une alle altre, tramite le zampe in moda da formare lunghe e caratteristiche catene. Le scagliette sona spesse circa 1/ 10 di mm e pesano 0,8 mg; di conseguenza ne occorrono almeno 1.250.000 per ottenere un Kg di cera
La produzione di cera dipende dall’età dell’operaia, infatti la sviluppo massimo delle ghiandole ciripare si ha versa il 12° giorno dopo la sfarfallamento, si mantiene costante fina al 18-19° giorno e poi regredisce. Alcuni fattori quali il tipo di nutrizione ed il volume a disposizione della famiglia influiscono in modo determinante sulla quantità di cera prodotta. Le api nutrite can palline costruiscono un maggiore numero di cellette, se ne deduce che l’alimentazione proteica è fondamentale per il buon sviluppa delle ghiandole ciripare. In primavera il corpo dell’ape operaia produttrice di cera perde fino il 20 % delle proteine mentre quella delle nutrici sola il 4 %. La cera secreta dalle ghiandole è anche direttamente proporzionale alla quantità di alimentazione zuccherina fornita: per produrre 1 Kg di cera occorrono mediamente 9-12 Kg di miele
Le api producono più cera quando vivono in arme non eccessivamente popolate con molto spazio a disposizione. Tutti gli apicoltori sono a conoscenza della rapida costruzione dei favi da parte di uno sciame in un’arnia completamente vuota. Inoltre le operaie costruiscono più celermente i favi durante il periodo primaverile quando si ha lo sviluppo della covata e la necessità di immagazzinare il prodotto.
A freddo la cera è friabile mentre a caldo, tra i 35 e 40 gradi, rammollisce facilmente senza incollarsi. Il suo punto di fusione è sui 64 gradi, mentre il suo punto di solidificazione è sui 62 gradi, la densità di una cera d’api del commercio è di 0,95 a 15 gradi. L’indice di saponificazione varia tra 79,7 e 80,6. La cera è molto stabile dal punto di vista chimico e modifica poco le sue proprietà con il passare del tempo. Resiste all’ossidazione naturale ed è totalmente insolubile in acqua. Non è intaccata dagli acidi e dai succhi digestivi degli animali ad eccezione delle larve dei lepidotteri parassiti delle api, Galleria e degli uccelli della famiglia Indicatoridae.
La cera d’api è un composto lipidico costituito da un elevatissimo numero di componenti chimici generalmente a molecole molto complesse (tabella 1). Le scagliette di cera sono di colore bianco-perlaceo; il favo appena costruito è bianco, in seguito diventa giallo più o o meno intenso. Il favo che ha contenuto covata è più scuro tendente al bruno.
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Estrazione della Cera d’Api
L’estrazione della cera presenta problemi diversi se il prodotto di partenza è costituito dagli opercoli ottenuti dalle operazioni di smielatura o da favi vecchi; per ogni 100 kg di miele prodotto, da favi opercolati, si ricavano 1÷2 kg di cera, in relazione al metodo utilizzato per disopercolare i favi e a quello di estrazione.
Dopo la disopercolatura, il problema principale è quello di separare la cera dal miele che vi è rimasto inglobato. Generalmente gli opercoli sono lasciati sgocciolare sulla rete di fondo del banco per disopercolare. In ambiente caldo la sgocciolatura è abbastanza efficiente: il miele che si ottiene è di qualità equivalente a quello estratto dallo smielatore e vi può essere aggiunto. Per grandi produzioni si possono utilizzare varie tipologie di torchi o apposite attrezzature spremiopercoli per separare la cera dai residui di miele. La cera fonde a una temperatura di 61÷66 °C. La fusione della cera è un’operazione richiesta in più fasi della sua lavorazione e in particolare durante l’estrazione e la purificazione. Il primo degli accorgimenti da seguire per non cambiarne le caratteristiche è quello di non fonderla mai alla fiamma diretta.Gli opercoli possono essere fusi immersi nell’acqua in pentole di alluminio o acciaio inox; sono da evitare i recipienti in rame o ferro perché conferiscono alla cera un colore grigio-nero. Con il raffreddamento si forma un pane di cera solida nella cui parte inferiore si accumulano le impurità che possono così essere facilmente asportate con una lama.
Per ottenere cera ancora più pulita occorre rifondere la forma così ottenuta, rompendola a pezzi e collocandola in un sacco di tela a maglie non troppo fitte che, con funzione di filtro, tratterrà le scorie al suo interno, quando sarà estratto dal recipiente che raccoglierà la cera completamente fusa. Per i vecchi telaini si può operare allo stesso modo, collocando i favi entro un sacco che tratterrà la gran quantità di esuvie, mentre la cera galleggerà sull’acqua, per poi solidificare. Attrezzature specifiche per la fusione dei favi interi, ricuperando la struttura di legno, sono costituite dalle sceratrici solari. Nella sceratrice solare il calore per la fusione della cera è fornito dal Sole; essa è costruita in maniera tale da captare il massimo della radiazione solare e di evitare le dispersioni di calore. Al suo interno, nelle giornate soleggiate, si raggiungono i 70÷75 °C necessari alla fusione e allo scorrimento della cera. Risulta essere costituita da una cassa metallica o di legno, con coperchio dotato di doppio vetro. Il piano del coperchio deve essere inclinato affinché possa ricevere il massimo delle radiazioni solari. La chiusura deve essere perfetta. All’interno un piano d’appoggio, anch’esso inclinato, riceve il materiale da fondere. Alla base di questo una vaschetta raccoglie cera e residui di miele che vi colano; la cera si stratifica sul miele e una volta solidificata, generalmente la mattina dopo, può essere prelevata.
Utilizzo della Cera d’Api
Per l’apicoltore, il principale utilizzo della cera d’api consiste nel suo riciclaggio per la fabbricazione dei fogli cerei. Ma, da quando l’ha scoperta, l’uomo ha utilizzato la cera soprattutto per fare candele e ceri che, bruciando, liberano un gradevole profumo. Per la loro preparazione occorre acquistare gli stoppini di misura adeguata alle necessità. Si mette la cera in un recipiente a bagnomaria, controllando con un termo-metro che la temperatura non superi i 62÷65 °C. Quando la cera non è ancora liquida, ma molle a causa della temperatura, la si può plasmare attorno allo stoppino, dandole la forma desiderata. In alternativa, si può colare la cera fusa a bagnomaria in stampini realizzati con cartoncino liscio arrotolato a forma di cono, sistemati capovolti entro vasetti; al centro si pone lo stoppino, sporgente dalla punta del cono e teso alla base con l’ausilio di una barretta trasversale.
Altro importante utilizzo della cera è quello relativo alla lucidatura di mobili e palchetti. Per la preparazione si devono sciogliere da 100 a 200 g di cera in 1 litro di acquaragia. Si possono aggiungere 20 g di resina e 25 g di cera carnauba. Le mescolanze contenenti meno cera sono più pratiche: nell’operazione di lucidatura occorre strofinare meno per togliere la cera in eccesso. Si opera così: in un recipiente di vetro a grande apertura e con coperchio a vite, capacità 1÷1,5 litri, si mettono l’acquaragia e la cera frantumata in piccoli pezzi. Si fa fondere a bagnomaria. Attenzione alla fiamma! L’acquaragia e la cera bruciano facilmente. Se si mette pure la resina e/o la cera carnauba, occorre farle scioglierle prima nell’acquaragia e poi aggiungere la cera d’api. Quando è tutto liquefatto mischiarla bene, ancora calda e limpida, applicarla con un pennello pulito stendendola bene. Occorre operare in un ambiente arieggiato; lasciare penetrare bene nel legno e iniziare la lucidatura dopo almeno un giorno. Per ulteriori altre utilizzazioni riscaldare sempre la miscela a bagnomaria finché sia diventata limpida e la cera ben fusa, prima di usare il pennello. Aggiungere acquaragia se, a causa dell’evaporazione, è necessario. In tal modo gli oggetti cerati risulteranno nutriti in profondità dalla cera d’api.