Il miele è un alimento semplice e naturale, infatti l’uomo lo “prende” tal quale dalle api, senza apportare alcuna modifica e allo stesso tempo di tratta di un prodotto davvero complesso e straordinario.
Il miele possiede una duplice natura: animale e vegetale. Esso viene prodotto dalle api, ma non si tratta di un loro secreto e, per realizzarlo, esse utilizzano materie prime vegetali: il nettare e la melata
Il nettare è un liquido ricco di acqua che le piante producono proprio per favorire l’impollinazione . Il nettare infatti attira insetti che, volando sui fiori, fungono da vettori involontari del polline, il quale, attaccandosi al loro corpo viene trasportato di fiore in fiore favorendo la fecondazione di una moltitudine di piante. La comunità scientifica afferma che oltre il 70% delle piante commestibili siano impollinate dalle api.
La melata è una sostanza zuccherina che le api bottinano sulle foglie e su altre parti delle piante: si tratta di un prodotto di scarto di insetti parassiti delle piante stesse, appartenenti soprattutto a tre gruppi, gli Psillidi, i Coccidi e gli Afidi, dell’ordine dei Rincoti. È la linfa prodotta dalla pianta che viene assimilata dagli insetti che se ne cibano, essi trattengono solo i componenti a loro necessari, le sostanze azotate, ed eliminano, sotto forma di goccioline, quelle che non utilizzano: principalmente acqua e zuccheri, oltre ad enzimi, sali minerali, acidi organici.
Le api hanno un apparato boccale specializzato, privo di mandibole e dotato di una sorta di “proboscide” con cui possono succhiare questi liquidi zuccherini (nettare o melata) che vengono poi convogliati nella borsa melaria, una speciale dilatazione del loro sistema digerente. All’interno di quest’organo, già durante il viaggio di ritorno verso l’alveare, inizia la trasformazione del nettare o della melata in miele, mediante l’aggiunta di enzimi quali ad esempio diastasi, invertasi, glucosio ossidasi, per citarne alcuni. Una volta rientrate nell’alveare, le bottinatrici consegnano il contenuto della borsa melaria alle api di casa, con un meccanismo che si definisce trofallassi. Queste provvedono ad elaborarlo ulteriormente, aggiungendo altri enzimi e, dopo diversi passaggi (circa cento), quando il miele è quasi pronto, lo sistemano nelle cellette esagonali di cera che costituiscono i favi.
Per ottenere miele dal nettare occorre anche asciugarlo: in un primo momento l’evaporazione dell’acqua viene favorita attivamente dalle api che risucchiano e poi stendono la gocciolina di liquido ripetutamente, per 15 o 20 minuti, portando la percentuale di umidità al 40-50%. Successivamente, e per diversi giorni, l’ulteriore e indispensabile perdita di acqua avviene in modo passivo grazie all’evaporazione favorita dalla ventilazione forzata, attivata dalle api stesse, (api ventilatrici) fino a quando si raggiunge un contenuto solitamente inferiore al 20%, in grado di garantire la miglior conservabilità del miele .Il miele si definisce “maturo” quando la concentrazione dei vari componenti ha raggiunto le giu-ste proporzioni: solo quando il miele è pronto, tranne rare eccezioni, le api, realizzando una sorta di “tappo di cera” chiamato opercolo, chiudono la celletta per conservare il miele.
Indice
Composizione
Il miele presenta una composizione complessa e nonostante numerosissimi costituenti siano stati determinati, la ricerca su questo alimento è in continua evoluzione. I componenti principali e sempre presenti sono: gli zuccheri, l’acqua, i sali minerali, gli acidi organici e gli enzimi, con proporzioni variabili in relazione alla costituzione del nettare o della melata di origine. La natura e l’origine stessa del miele non consentono una standardizzazione rigorosa dei suoi valori di composizione, giustificando l’affermazione secondo cui non esistono due mieli identici
Gli zuccheri
Sono i maggiori componenti (75-80%) e predominano zuccheri semplici come glucosio e fruttosio (90% degli zuccheri totali). Essi provengono direttamente dal nettare o si formano per l’azione dell’enzima invertasi, secreto dall’ape, in grado di scindere il saccarosio contenuto nel nettare o nella melata nei suoi due costituenti: glucosio e fruttosio. Sono presenti quantità modeste o anche solo tracce di zuccheri complessi. Sono gli zuccheri che determinano numerose proprietà fisiche e nutrizionali del miele: la viscosità, l’igroscopicità, lo stato fisico (liquido o cristallizzato), il valore energetico, il potere dolcificante.
Le sostanze azotate
Sono aminoacidi e proteine di diversa origine, scarsamente presenti nel miele, mediamente lo 0,2-0,3%.
Sono, per la maggior parte, di origine botanica anche se alcuni – ad esempio la prolina – derivano dalle secrezioni delle api e si riscontrano quindi in tutti i mieli.
Queste sostanze sono già presenti nel nettare e nella melata o derivano dai granuli di polline presenti nel miele.
Gli acidi organici
Sono numerosi, anche se la loro presenza varia dallo 0,10 fino al 1,5%: acido acetico, butirrico, citrico, formico, fumarico, gluconico, lattico, maleico, malico, ossalico, piroglutammico, succinico, tartarico e altri ancora presenti occasionalmente;
Sono responsabili del pH acido, compreso tra 3,5 e 4,5 per i mieli di nettare e tra 4,5 e 5,5 per i mieli di melata. Alcuni acidi organici sono già presenti nel nettare e nella melata, altri si formano durante l’elaborazione del miele, per intervento dell’ape. L’acidità del miele contri buisce, insieme all’elevata pressione osmotica dovuta all’alta concentrazione zuccherina, ad assicurare la stabilità microbiologica che conferisce al miele le note proprietà di conservante .
Le vitamine
Derivate dai granuli di polline, sono presenti in tracce e appartengono al gruppo delle vitamine idrosolubili.
Finora sono state evidenziate: vitamina C, alcune vitamine del gruppo B (B1, B2, B6), vitamina PP, vitamina K, acido pantotenico e vitamina P.
Ci sono diversi strumenti a disposizione per misurare la qualità del miele, dalle analisi fisico-chimiche a quella melissopalinologica senza trascurare l’enorme potenzialità dell’analisi sensoriale.
Un solo tipo di analisi non è, di per sé, sufficiente a caratterizzare un miele: è indispensabile un approccio integrato.
ANALISI FISICO CHIMICHE
Gli zuccheri
Lo spettro glucidico, cioè le tipologie degli zuccheri presenti stabilisce la carta d’identità di ogni miele: la quantità dei due zuccheri semplici (glucosio e fruttosio), il loro rapporto, la quantità di zuccheri superiori o, in taluni casi, la semplice presenza di un determinato
zucchero sono fattori direttamente correlati al nettare o alla melata di origine
Il contenuto di acqua
La naturale presenza di lieviti nel miele, può determinare, in concomitanza di percentuali eccessive di acqua, il possibile inizio di fenomeni di fermentazione. Lo sanno bene le api che prima di chiudere le cellette ventilano accuratamente il miele, controllando il grado di umidità
che permette la sua buona conservabilità per tutto il periodo necessario alla sopravvivenza della famiglia, nel periodo in cui non sono presenti fioriture da bottinare. La fermentazione del miele non è un fenomeno pericoloso per la salute umana, ma le ripercussioni che determina (bolle di anidride carbonica e schiuma in superficie, odore e aroma aciduli e fruttati caratteristici, gusto leggermente acido) compromettono irreversibilmente le caratteristiche organolettiche. Quindi, poiché la presenza di acqua condiziona la conservabilità del miele, è stato stabilito, per legge, un contenuto massimo del 20%.
Idrossimetilfurfurale ed indice diastasico
L’idrossimetilfurfurale (HMF) è una sostanza che si forma nel miele in seguito all’invecchiamento e alla conseguente degradazione del fruttosio, in ambiente acido quale il miele.
Nel miele appena estratto dal favo è praticamente assente, ma esso aumenta in maniera esponenziale con il passare del tempo e con l’aumentare della temperatura.
Anche la composizione del miele influenza l’andamento della formazione dell’HMF in quanto il processo riguarda in modo ineguale gli zuccheri ed è condizionato dall’acidità dell’ambiente. Quindi, mieli uniflorali diversi, aventi quindi concentrazione degli zuccheri
e pH diversi, presentano differenze rilevanti nella formazione dell’HMF. Nel complesso i mieli più acidi (ad esempio girasole, erba medica, sulla, acacia) sono più delicati, da questo punto di vista, rispetto a quelli meno acidi (castagno, melata).
Il valore di HMF rappresenta un fondamentale indice di freschezza e dello stato di conservazione di un miele, essendo un rivelatore della degradazione chimica che il prodotto subisce nelle fasi di lavorazione e conservazione.
La legge fissa in 40 mg/kg il limite massimo consentito di HMF rilevabile in un miele, al raggiungimento della scadenza indicata nell’etichetta, con alcune eccezioni per particolari tipi di mieli.
Per garantire a lungo la freschezza di un miele, nella fase di confezionamento è importante che questo parametro sia molto basso.
L’indice diastatico, ovvero la misurazione della diastasi, un enzima naturalmente presente nel miele, è un altro parametro oggetto di valutazione .
Poiché si tratta di una sostanza termosensibile, la misurazione della sua presenza viene utilizzata per valutare se il miele abbia subito trattamenti termici e quindi, in generale, lo stato di freschezza del prodotto.
Anche in questo caso il suo contenuto è variabile già in partenza: alcuni mieli uniflorali (acacia, agrumi, corbezzolo, erica e rosmarino) ne sono naturalmente poveri, mentre altri (melata di metcalfa e timo) mostrano un elevato contenuto di diastasi, tanto che la sua concentrazione può essere valutata anche come elemento caratterizzante e di rispondenza all’origine botanica presunta.
La legislazione prevede un valore di indice diastasico in generale non inferiore a 8 unità per grammo.
La sinergia dei due parametri è importante e diversa per i vari tipi di miele, infatti il limite di indice diastatico può scendere fino a 3 unità, quando i mieli hanno basso tenore naturale di enzimi (ad esempio il miele di agrumi) e tenore di HMF non superiore a 15 mg/kg.
La conducibilità elettrica
La conducibilità elettrica è la proprietà di condurre la corrente elettrica caratteristica delle soluzioni acquose contenenti specie ioniche.
Essa è direttamente correlabile alla componente minerale solubile, che può essere presente – in diverse concentrazioni- nei vari tipi di miele.
La conducibilità si misura in milliSiemens per centrimetro (mS/cm) e il limite stabilito dalla legge è inferiore a 0,8 mS/cm per i mieli in generale, ad esclusione dei mieli di melata e castagno, naturalmente più ricchi di sali minerali, per i quali il valore deve invece essere superiore a 0,8 mS/cm.
Il colore
I colori dei mieli variano, naturalmente, dalle tonalità più chiare a quelle più scure dell’ambra, fino ad arrivare praticamente al nero; esistono inoltre mieli con tonalità più gialla o con riflessi verdastri o rossastri.
Poiché il colore del miele è legato all’origine botanica, è considerato un importante parametro per la definizione dei mieli uniflorali.
Con l’invecchiamento il miele diviene naturalmente più scuro, ma anche le modalità di conservazione (esposizione alla luce, tempi di stoccaggio, ecc.) e il modo di lavorare dell’apicoltore (uso di favi vecchi, utilizzo di contenitori non idonei, alte temperature di lavorazione), possono determinare cambiamenti delle tonalità.
ANALISI MELISSOPALINOLOGICA
In ogni miele è sempre presente una quantità più o meno pronunciata di polline del fiore da cui deriva il nettare. Questa analisi si basa sull’identificazione microscopica degli elementi figurati presenti in sospensione nel miele, con particolare riferimento proprio ai granuli di polline. Le api bottinatrici, durante la loro attività di raccolta, vengono in contatto anche con le porzioni degli stami in cui è presente il polline del fiore, così che alcuni granuli cadono nelle gocce di nettare e con queste si mescolano. Per la melata vi sono altri elementi indicatori, quali tracce di spore, ife fungine e alghe unicellulari collegate alle piante dove essa viene raccolta.
L’analisi melissopalinologica viene quindi impiegata per controllare l’origine botanica, in abbinamento all’analisi sensoriale e alle analisi chimico fisiche, qualora ci fossero dubbi, sull’origine esatta del miele. E’ utile per verificare la derivazione geografica del miele, poiché lo spettro pollinico riflette il contesto produttivo. Mieli di zone geografiche diverse presentano associazioni polliniche peculiari, con differenze tanto più spiccate e riconoscibili, quanto maggiore è il divario geografico della vegetazione.
Dalla melissopalinologica possiamo inoltre ricavare informazioni qualitative, anche connesse ad eventuali processi subiti dal miele che comportano la residua presenza di elementi corpuscolati.
Per esempio alcuni tipi di adulterazione vengono effettuati aggiungendo artificialmente pollini, per avvalorare l’origine botanica e geografica del prodotto. Si può inoltre evidenziare il metodo di estrazione, la smielatura di favi in presenza di covata, la contaminazione con polvere.
ANALISI SENSORIALE
L’analisi sensoriale consiste nella valutazione delle caratteristiche di un prodotto attraverso gli organi di senso, per percepirne le peculiarita’ organolettiche.
È il modo più immediato, economico e duttile per acquisire informazioni sulle caratteristi che di un miele. Questa tecnica viene impiegata soprattutto per verificare la conformità agli standard stabiliti, per le denominazioni floreali dei mieli monoflorali , oltre a consentire l’identificazione di eventuali difetti obiettivi .
L’analisi sensoriale costituisce uno strumento dalle enormi potenzialità, a disposizione dei produttori e dei consumatori. E’ fondamentale che sia frutto dell’ attenta e precisa applicazione di un metodo atto a formulare giudizi che non siano semplici opinioni e, a tal scopo,
sono stati identificati precisi passaggi conseguenti e riferimenti catalogati a cui riportarsi per raggiungere il verdetto finale.
Attraverso l’esame visivo vengono valutati
-lo stato fisico, che può essere liquido o cristallizzato ed è uno degli elementi più appariscenti, in grado di condizionare le altre caratteristiche sensoriali;
-l’aspetto, che varia in termini di limpidità e viscosità nei mieli liquidi, struttura fisica, forma e distribuzione dei cristalli, nei mieli cristallizzati;
-il colore, che è una caratteristica visiva assai rilevante, soprattutto in relazione all’origine botanica e, in misura minore, al grado di invecchiamento del prodotto. Ai fini della valutazione, occorre considerare che, nel miele liquido, il colore appare tanto più scuro quanto
maggiore è lo spessore attraversato dalla luce. Inoltre nei mieli cristallizzati la luce riflessa dai cristalli di glucosio conferisce al miele un colore apparentemente più chiaro.
Le sensazioni olfattive vengono valutate in termini di intensità e qualità
-La scala di intensità dell’odore può essere: non percettibile, appena percettibile, debole, di media intensità, molto intenso.
– La descrizione dell’odore è invece un raffronto tra le caratteristiche dell’odore percepito e l’insieme dei riferimenti memorizzati, propri al miele e non. Chiunque voglia cimentarsi in un viaggio sensoriale attraverso i mieli può utilizzare come riferimento la ruota degli odori e degli aromi del miele, comprendente il vocabolario utile alla descrizione. Essa contiene la suddivisione dei “descrittori” in sette famiglie principali (floreale, fruttato, caldo, aromatico, chimico, vegetale, animale).
L’esame gustativo, l’ultima fase, consiste nella valutazione delle caratteristiche chimiche percepite con la bocca, attraverso i sensi dell’olfatto e del gusto associati, nonché la sensibilità chimica indifferenziata.
-Il sapore si riferisce alla sensibilità gustativa in senso stretto, riconducibile ai quattro sapori fondamentali: dolce, acido, amaro, salato.
-L’aroma è la sensazione percepita mediante la sollecitazione dell’olfatto da parte delle sostanze volatili di un alimento, quando questo è già in bocca. Non sempre corrisponde qualitativamente a quanto percepito a livello olfattivo, sia per l’interferenza con le altre sensazioni proprie della bocca, sia perché le condizioni fisiche del campione in bocca sono differenti dal momento in cui viene annusato. Le sensazioni aromatiche sono le più complesse e quelle che meglio consentono di contraddistinguere un prodotto da un altro. L’aroma si valuta in termini di intensità e caratteristiche, analogamente a quanto si fa per l’odore. La persistenza è il perdurare più o meno prolungato delle sensazioni olfatto/gustative dopo la deglutizione. Il termine retrogusto indica le sensazioni di bocca che permangono dopo la deglutizione, che sono diverse da quelle percepite all’inizio
L’esame tattile si riferisce alle sensazioni percepite in bocca e consente di valutare lo stato del miele in relazione al processo di cristallizzazione. In un miele liquido si percepisce la consistenza da fluida fino a molto vischiosa. Per i mieli cristallizzati si stimano la consistenza della massa, che può presentarsi da cremosa a compatta o dura, e le caratteristiche dei cristalli: questi si differenziano in base alle dimensioni (da finissimi a grossi), alla forma (taglienti, sabbiosi, rotondeggianti) e alla tendenza o meno a sciogliersi facilmente.