In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche del miele di Rododendro.
Il termine rododendro deriva da due vocaboli greci, “rhodon”, rosa e “dendron”, albero, con evidente allusione alle numerose specie arboree dai caratteristici fiori color rosa.
Le due specie tipiche delle Alpi, R. ferrugineum diffuso nella zona del granito e della silice e R. hirsutum presente nelle zone calcaree, permisero a Linneo di fondare, nel 1753, il genere Rhododendron, destinato a diventare con le esplorazioni fuori dall’Europa uno dei generi più affollati ed uno dei più importanti per il giardinaggio.
I rododendri occupano ogni possibile ambiente, il sottobosco forestale, le rive dei ruscelli, le radure, le catene montuose, le paludi, le macchie, i prati, i dirupi, le pietraie, la base e la cima delle montagne e spesso gli alberi stessi come epifite.
La classificazione del genere Rhododendron rappresenta un incubo per i tassonomi, oltre ad essere uno dei più grandi nel regno vegetale, presenta specie strettamente affini al punto che sono più numerose le specie che si confondono tra di loro rispetto a quelle che chiaramente si distinguono.
In Italia,tre sono le specie spontanee diffuse
-Rhododendron ferrugineum L.
Cespuglio sempreverde con rami fragili, generalmente ascendenti. Foglie ellittiche, intere ed arrotondate all’apice, glabre ed inferiormente ferruginee per le dense squame ghiandolari. I fiori sono riuniti in racemi brevi, con peduncoli lunghi 1-2 cm, a calice brevissimo, corolla rosso-purpurea con tubo di 7-8 mm. Il profumo è resinoso ed intenso. Questa specie è caratteristica della fascia subalpina delle Alpi e cresce nelle brughiere su suolo acido. Sale oltre i 2.300 metri, di solito sterile, ed in Val d’Aosta raggiunge i 3.000 metri. Nella zona insubrica scende nei fondovalle (nel Canton Ticino fino a 230 metri). In queste posizioni è presente nei castagneti fitti e raggiunge le massime dimensioni. Sull’Appennino è rarissima e limitata alle vette più alte dell’Appennino Tosco Emiliano.
-Rhododendron hirsutum L.
Simile alla specie precedente si distingue per le foglie che hanno sul bordo lunghe ciglia e nella parte inferiore sono verdi e con sparse ghiandole puntiformi, inizialmente bianche e successivamente brune. Inoltre la corolla è roseo sbiadita e quasi priva di odore. A differenza della precedente è abbondantissima sulle Alpi calcaree, dove si comporta spesso da pianta pioniera ed è facilmente rintracciabile su ghiaioni e macerati appena consolidati. Sale fino a 2.200 metri, raramente a 2.600,diffusa in arbusteti nani ed in boscaglie di Pino mugo e Pino silvestre. Nella Valle dell’Adige scende fin quasi al piano, ma, a differenza della precedente, sempre in zone soleggiate.
-Rhodothamnus chamaecistus (L.) Rchb.
Secondo alcuni botanici questa specie è considerata un genere a parte, mentre per altri forma una sezione del genere. Comunque la si consideri si tratta di un suffrutice con fusti legnosi, prostrati o ascendenti. Le foglie sono ellittiche, sempreverdi. I fiori sono all’apice dei rami, a corolla rosea. La principale esigenza dei rododendri è un terreno umifero subacido (pH 6), terra d’erica o di castagno o di bosco, mescolata a torba. Il terreno deve anche essere leggero, aggiungendo sabbia e stallatico ben consumato. Pochissime sono le specie che si adattano a terreni alcalini. Il sistema radicale, fitto e piuttosto superficiale, non richiede un terreno profondo; 30-50 cm sono sufficienti. Importante il drenaggio e, pertanto, il dissodamento del sottosuolo. A sud i rododendri esigono luoghi ombreggiati, mentre oltre gli 800 metri l’esposizione soleggiata diventa una necessità. Generalmente sia le specie che gli ibridi resistono bene a – 6 gradi.
Indice
La Pianta
I rododendri sono arbusti eleganti, talvolta alberi.
Le foglie sono alterne, spesso ravvicinate alla sommità dei rami, intere, a ciclo annuale o biennale e, pertanto, le piante presentano fogliame persistente.
I fiori sono di solito grandi, da bianchi a rossi a gialli, riuniti in corimbi od in falsi grappoli terminali, raramente solitari. Il calice è variabile, generalmente con cinque sepali a coppa che formano altrettanti denti. La corolla è irregolare, talvolta ad imbuto altrimenti tubulosa, con un lembo più o meno obliquo che si manifesta in cinque lobi. Gli stami sono da otto a dieci, l’ovario presenta uno stilo sottile. L’adattamento a climi tanto differenti hanno selezionato forme e dimensioni disparate. Le foglie variano da pochi millimetri ad un metro di lunghezza, i fiori passano dalle enormi trombette profumate e lunghe fino a 12 cm di R. nuttallii e dai grandi fiori composti di R. sinogrande, entrambi nativi dell’Asia Sud Orientale, fino ai piccoli fiori di alcune specie d’alta montagna della sottosezione Lapponica. Dai rododendri striscianti si arriva ai rododendri arborei dell’Himalaya. Ricordiamo che i rododendri appartengono alla famiglia delle Ericacee e che le numerose specie vengono suddivise in due sottogeneri, Eurhododendron, a cui appartengono le specie a foglie raramente caduche; Azalea, caratterizzato da specie le cui foglie sono caduche, raramente persistenti.
Il Miele
I rododendri spontanei in Italia fioriscono in giugno-luglio. Questa pianta offre abbondante nettare e polline alle api, ma i mieli uniflorali sono piuttosto rari. Per questo i mieli definiti abitualmente di rododendro presentano un aroma più intenso rispetto a quello descritto, dovuto alla presenza di altre specie, quali il lampone (aroma floreale fruttato) e il timo (odore pungente). Il polline, raccolto in pallottoline bianchicce, è presente in percentuale superiore al 20%.
Caratteristiche organolettiche
STATO FISICO: cristallizza spontaneamente dopo alcuni mesi, formando cristalli da fini a grossi.
COLORE: da incolore a giallo paglierino quando è liquido, bianco-beige il cristallizzato.
ODORE: molto debole, vegetale, fruttato
SAPORE: normalmente dolce
AROMA: molto debole e poco persistente.
Esistono mieli dannosi. La letteratura, da Senofonte ai giorni nostri, ha riportato casi di avvelenamenti. Tra le specie botaniche citate come produttrici di nettare tossico, e tutte appartenenti alla famiglia delle Ericacee, cinque sono rododendri. Sono endemici in Turchia, in particolare R. ponticum e R. flavum, e popolano le foreste del Nord dell’Anatolia. R. ponticum si è diffuso in Inghilterra ed in altre regioni europee.
Solo una parte dei rododendri, quindi, produce tossine. Gli ibridi di rododendro presentano gradi di tossicità in modo imprevedibile. Per esempio l’ibrido R. “redwing”, non tossico, è stato ottenuto dall’incrocio di quattro specie, di cui tre tossiche. Il rododendro delle Alpi, R. ferrugineum, ha foglie tossiche per il bestiame. Le tossine sono presenti nelle foglie, nei fiori e nel loro nettare. L’intossicazione può avvenire per ingestione dei fiori, delle foglie e del miele contaminato. I rischi di intossicazione si riducono se il miele viene riscaldato, oppure se è miscelato con altre partite di miele non tossico.
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