In questa guida spieghiamo quali sono le caratteristiche del miele di Trifoglio.
Il genere Trifolium appartiene alla famiglia della Papilionacee e ne rappresenta una delle unità più numerose e più caratteristiche a causa dei fiori piccoli – a differenza di quelli delle altre papilionacee vistosi e di maggiori dimensioni – riuniti in capolini o in corte spighe. I trifogli si possono trovare ovunque ,dal livello del mare fino a 3000 metri di altezza, nei luoghi boscosi e negli incolti, su terreni acidi ed alcalini.
Trifolium si compone delle due radici latine,” tres” e “folium”, per indicare la caratteristica più appariscente di queste piante, le cui foglie sono composte da tre foglioline in disposizione digitata. Il genere venne istituito da Linneo e ad esso, attualmente, si attribuiscono circa trecento specie distribuite essenzialmente nelle regioni temperate e subtropicali dell’emisfero nord; poche specie vivono spontanee sulle Ande e nell’Africa meridionale. La flora spontanea dell’Italia è ricca di specie di Trifolium. Il valore dei trifogli risiede nel loro diffuso utilizzo come piante foraggere in ogni parte del mondo. Le specie più diffuse in Italia sono se seguenti
-T. subterraneum L., specie annua a radice fittonante, stelo eretto, tomentoso e che tende ad indurirsi alla fine della fioritura. Infiorescenza a capolino composta da fiori sessili di colore bianco o leggermente roseo o giallastro che tende a sgranare alla maturazione. Zone di produzione tipiche sono la Toscana, il Lazio e la Puglia. Spontaneo si trova da 0a 1200 metri s.l.m. negli incolti aridi in tutta Italia.
-T. incarnatumL., specie annuale ad uno sfalcio, ha infiorescenza a capolino composta da fiorellini rosso purpurei, stelo pieno, morbido, foglie pelose, radice fittonante, non molto profonda. Si utilizza solitamente come componente del miscuglio Landsberg con loietto italico e veccia, e con avena, veccia ed altri trifogli. Viene coltivato anche in purezza, sebbene la diffusione dell’erbaio di incarnato si stia riducendo. Preferisce il clima temperato-fresco, ma vegeta bene anche in Italia meridionale. Spontaneo in Italia è diffuso negli incolti e nei campi in tutto il territorio.
-T. alexandrinum L., specie annuale con fusti eretti, ramificati e scarsamente pelosi; foglioline grandi e bislunghe; capolini emisferici, composti da piccoli fiori bianchi. Adatto ai ripetuti sfalci (2-5), predilige i terreni fertili, sia sciolti che argillosi e clima temperato-caldo. Sensibile ai cali di temperatura, specialmente nei primi stadi di vegetazione. Si trova spontaneo in Italia negli incolti, da 0 a8 00 metri s.l.m., nella provincia di Vercelli, nel Teramano, Brindisino ed in provincia di Palermo.
-T. pratense L., trifoglio pratense, o violetto, è una tra le più diffuse leguminose foraggere. Risulta essere una pianta perenne, anche se di longevità limitata e la sua durata, in genere, non supera i due anni. La radice è robusta, fittonante e può approfondirsi notevolmente. Sia sulla radice principale che sulle branche laterali sono inseriti numerosi tubercoli (più che nella medica) di forma cilindrica e della lunghezza di qualche millimetro dovuti alla presenza del rizobio specifico (Rhizobium trifolii) in grado di fissare l’azoto atmosferico (anche tutte le altre specie di trifoglio dispongono dei tubercoli radicali per la fissazione dell’azoto atmosferico). Gli steli possono raggiungere i 70 cm. Le foglie sono caratterizzate dal tipico disegno biancastro a forma di “V”. I fiori, di colore rosato o viola pallido, sono numerosi – da 50 a 250 – e riuniti in capolini globosi. In Italia è tipico delle regioni centro-settentrionali nelle quali può sostituirsi alla medica in virtù della maggior tolleranza nei confronti del pH e, grazie alla minore durata, può inserirsi in avvicendamenti brevi (tri o quadriennali). Resiste molto bene al freddo e preferisce terreni argillosi. Spesso entra nei prati artificiali in consociazione con fleolo, erba mazzolina, loietto inglese ecc.
Il trifoglio violetto è un gruppo polimorfo, composto da tre sottospecie: pratense, il tipo più comune in tutto il territorio; nivale, presente nei pascoli subalpini delle Alpi orientali; semipurpureum, diffusa nei pascoli subalpini sull’Appennino centro-meridionale ed in Sicilia.
-T. fragiferum L., chiamato trifoglio fragolino è una pianta prostrata, cespugliosa, con foglie di forma molto variabile. I capolini sono ascellari e la corolla bianco-rosata. In Australia è oggetto di selezione per i prati falciabili. In Italia si trova spontaneo in incolti e pascoli, per lo più umidi, pressoché ovunque.
-T.hybridum L., specie perenne, a radice fittonante, glabra, alta da 20 a 50 cm, con stelo prostrato nella parte inferiore, poi eretto, di colore verde o rosso. Le foglie hanno la pagina inferiore di colore verde-grigio. Fiori di colore rosa chiaro, lungamente peduncolati, riuniti in capolini inizialmente sferici, poi appiattiti. In Italia si trova quasi esclusiva-mente nel Veneto, in zone di fondovalle o montane fresche. Si semina in monocoltura, o in consociazione con graminacee perenni per prati polifiti. Si trova spontaneo in Italia sulle Alpi, gli Appennini e la Pianura Padana.
-T. repens L., conosciuto come trifoglio bianco, oppure ladino, è una specie bi-triennale in condizioni non umide, mentre è perenne nelle zone irrigue-umide della Lombardia. La pianta ha fusti striscianti, per lo più stoloniferi, solo in alcuni casi cespugliosi. Le foglioline sono denticolate sui margini e spesso vagamente chiazzate di bianco. L’infiorescenza è a capolino, composta da fiori pedicellati di colore bianco-roseo. Viene seminato in monocoltura,o in consociazione con loietto inglese ed italico, fleolo, festuca pratense, ecc. Tollera bene i freddi e non sopporta le alte temperature estive. Nella flora italiana è alquanto comune, lo si ritrova lungo le strade campestri, nei prati, in qualsiasi tipo di terreno tranne in quelli troppo compatti o, all’opposto, troppo sabbiosi. In montagna si spinge fino a 2.000 metri. Nella specie T. repenssi distinguono le varietà sylvestre, hollandicum, poco diffusa in Italia e giganteum (trifoglio ladino), varietà gigante selezionatasi nelle zone del Cremonese e del Lodigiano
-T. resupinatum L., specie annua, ramificata, a stelo vuoto molto lungo, infiorescenza a capolino molto profumato, composta da fiori azzurro-roso-purpurei. Predilige il clima temperato-caldo, ma non arido, terreni ricchi sia leggermente sciolti che argillosi. La pianta è di notevoli dimensioni, garantisce produzioni elevatissime, con ricacci non molto abbondanti. Allo stato spontaneo si trova negli incolti erbosi umidi da 0 a 1000 metri pressoché in tutta la Penisola.
-T. vesiculosum Savi, conosciuto come trifoglio Ruffo di Calabria è una specie annua, ramificata, cespugliosa a stelo semivuoto, infiorescenza a capolino composta da 15-20 fiori sessili di colore bianco-roseo tendenti al porporino verso la fine della fioritura. Spontaneo si rintraccia negli incolti erbosi da 0 a 800 metri nella Penisola a partire dalla Toscana ed in Sicilia.
-T. squarrosumL., specie annua, a stelo eretto, tomentoso e che tende ad indurirsi alla fine della fioritura. Infiorescenza a capolino composto da fiori sessili di colore bianco o leggermente roseo o giallastro. Preferisce i terreni di medio impasto e neutri; sopporta sia i terreni pesanti che sciolti, mentre no nsi adatta a quelli umidi. Vegeta bene nel clima mediterraneo-caldo, non eccessivamente arido. Si coltiva in alcuni comprensori dell’Italia centrale e meridionale. Spontaneo si incontra nei pascoli aridi della Penisola e delle isole.
Indice
La pianta
l trifoglio è un erba annuale o perenne, della famiglia delle leguminose, della quale è il maggior rappresentante, con ben 69 specie, sia spontanee che coltivate. Quando è coltivato come foraggero, può essere utilizzata una sola specie, oppure in associazione a graminacee.
La pianta si presenta con fusti eretti, ramosi e foglie con 3 segmenti, capolino ovoide e corolla giallastra.
Risulta essere una specie diffusa nell’area est-mediterranea, mieli di Trifoglio Alessandrino si trovano in Egitto e in Israele.
Habitat: incolti e coltivata (0 – 800 m)
Fioritura: è una specie annuale, che dimora in terreni fertili, anche argillosi, in climi temperati e adatto a ripetuti sfalci e fiorisce da aprile a luglio
Potenziale mellifero: molto buono, i trifogli producono nettari che, in molte aree contribuiscono in maniera consistente alla produzione del millefiori.
Zona di produzione
Nelle zone di coltura intensiva soprattutto nell’Italia centro- meridionale.
Il miele
Le specie appartenenti al genere Trifolium rappresentano un’ottima fonte sia di nettare che di polline per le api. In alcune località il polline di trifoglio si può raccogliere allo stato monoflora e nei mesi di maggio giugno e luglio rappresenta l’unica fonte nettarifera. Inoltre il nettare dei trifogli favorisce il prolungarsi dell’ovideposizione, predisponendo adeguatamente le api per las tagione fredda. Il polline è presente sui fiori per tutto il giorno, massimamente nelle ore centrali. Viene raccolto in pallottole di colore marroncino.
Nell’Italia centrale in estate è importante quale fonte di nettare e polline il trifoglio violetto il cui miele può essere confuso con quello della medica. In realtà, potendo scegliere tra due appezza-menti contigui di medica e di trifoglio, le apis celgono quasi esclusivamente il trifoglio. Sempre nell’Italia centrale e meridionale si possono ottenere discrete quantità di miele di trifoglio incarnato. Sul nostro territorio sono descritte più di 60 specie di trifoglio ma solo tre danno origine con relativa frequenza a mieli uniflorali, il bianco, l’incarnato e l’alessandrino.
I mieli di trifoglio bianco erano in passato molto comuni nella pianura padana, ma oggi, pur restando questa specie una delle principali sorgenti di nettare di queste zone, trovare mieli uniflorali puri è decisamente raro. I mieli di trifoglio puri, all’analisi organolettica, non sono distinguibili l’uno dall’altro, e dai mieli di altre leguminose (di sulla, per esempio, o anche di acacia, quando ancora liquidi).
Si tratta di un miele che cristallizza spontaneamente, dall’odore e sapore molto delicati e di debole intensità. L’odore viene descritto come vegetale, di fi ori bianchi mentre il gusto e l’aroma ricordano sensazioni delicate, vegetali, fresche, di legumi freschi e caramelle al latte.
Risulta essere indicato per purea di ortaggi o frutta, aggiunto ai pe-stati di lardo e spezie, con formaggi e tome d’alpeggio semi stagionati.
Il miele di Trifoglio Alessandrino appartiene alla numerosa schiera di mieli cosiddetti rari, di cui solo da poco tempo si stanno scoprendo le potenzialità e di cui si apprezzano sempre più le caratteristiche. Questi mieli sono riconosciuti da assaggiatori particolarmente esperti che, spesso, associano all’analisi organolettica quella melissopalinologica, per individuare la presenza del polline corrispondente. Proprio per questi motivi, sia per il Trifoglio che per molti altri mieli non sono ancora state stabilite schede tecniche ufficiali di caratterizzazione chimico-fisica.
Caratteristiche organolettiche
Esame Visivo
-Stato Fisico. Cristallizzato
-Colore. Chiaro, nel miele cristallizzato da bianco ad avorio.
Esame Olfattivo
-Intensità odore. Debole.
-Descrizione odore. Molto delicato, quasi impercettibile.
Esame Gustativo
-Sapore. Mediamente dolce, debolmente acido, amaro non percepibile.
-Intensità Aroma. Molto debole.
-Descrizione Aroma. Non particolarmente caratteristico con una leggera nota vegetale.
-Persistenza. Debole.
Mieli di Trifoglio più Venduti
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